Sulla scia di una passione di famiglia, Matteo Milani, dell’ufficio sicurezza di Sest Limana, s’iscrive al corso per brevetto da pilota all’età di 16 anni, sostenuto moralmente da entrambi i genitori. È il più giovane del corso, e dopo meno di due anni ne esce a pieni voti, eguagliato solo da un altro corsista quarantenne, con l’ambito Brevetto di Comandante di Volo PPL (Private Pilot License). La priorità diventa riuscire a volare il più possibile, e Matteo con la bici o il Ciao, perché non ancora titolare di patente, va nei weekend all’aeroporto di Belluno a fare servizio volontario alla torre di controllo. Come premio, quando pervenivano richieste di fare voli in montagna, lo dicevano a lui e al suo amico d’ali. “La cosa divertente”, ricorda sorridendo Matteo, “era che arrivavano spesso persone di 40-50 anni e si trovavano un pilota che era poco più di un ragazzino”.
In aereo, Matteo trascina alianti, conduce al lancio paracadutisti e porta a spasso la mamma, gli amici, i colleghi. In mezz’ora, infatti, si può arrivare al Lido di Venezia. Decollano dopo il lavoro, fanno il bagno, uno Spritz sulla spiaggia e sono a casa per cena. Ma i suoi voli preferiti sono in montagna. “Non ci sono paragoni. Ho visto la costa ma non mi entusiasma come un volo in montagna dove paesaggi e colori cambiano dalla mattina alla sera. In primavera i prati verde scuro, in autunno marroni; le montagne dal grigio passano al bianco d’inverno e vedere le formichine sui campi da sci è impagabile, puntini neri sul bianco”.
In quota non mancano però i brividi. Durante un volo di prova per manutenzione di un aereo il motore si spegne perché la pompa non pesca carburante. È il panico, la chiamata alla torre di controllo per un atterraggio d’emergenza non ha risposta, Matteo tachicardico e paralizzato scruta l’orizzonte per un prato o il Piave. Mancano 2 km all’aeroporto ed è pericolosamente basso. Alla velocità di 250 km/h, presupposto per un facile schianto, riesce a portarsi sopra la pista d’erba, virare e a fermarsi miracolosamente in 25m. Scende con le mani irrigidite a forma di cloche, le gambe non gli reggono, cade al suolo e bacia il trifoglio che aveva preso come punto di riferimento per la virata. I colleghi a terra, compresa la situazione, lo aiutano in reverenziale silenzio a spingere l’aereo nell’hangar. È felice di poterlo raccontare.